Ve lo spiegherò in termini educati nel video in allegato, che ho girato tempo fa. Ve lo spiegherò in termini anche meno educati nelle parole che seguono.
O meglio, prima (non) sorvoleremo sul rito di evocazione di Angioletto... Patè Nostro, che stai sui veli, sia sacrificato il tuo alone, sia matta la tua voluttà, come in pelo così in Serra, taci oggi il nostro rame, vomitiamo, e premetti a noi i nostri ebeti come noi li emettiamo ai nostri bevitori, e non ci produrre in detenzione, ma ibernaci nel sale. Amen.
Ecco, Angioletto la invocava così, facendosi la cacca nei calzoni.
Naturalmente le suore di Fagarè si erano costituite in un tribunale inquisitorio.
Subbushatt doveva essere il nome che gli aveva dato una di loro, credendo che il rumore delle sferzate delle legioni demoniache facesse press’a poco così... SUBBUSHATT. La cogliona spadosa e lardellata, come invece l’avrebbe definita Selmo Mazzucco Cortà, prima di addormentarsi nel velluto della bara e portare nel taschino della giacca uno strana libretto...
Subbushatt è il demone del mio romanzo Nero&fondente. È una femmina. Si tratta di un demiurgo, incaricata di plasmare la bellezza; e lei la plasmò... ma ne plasmò un po’ troppa e troppo bene. E Dio s’ingelosì. Si fa chiamare Signora delle Due Terre, con probabile riferimento all’Egitto faraonico, ma in realtà vive tanto sotto le sabbie del Sahara, quanto sotto il terreno ghiaioso del comune di San Biagio di Callalta, vicino a Treviso. È feroce ed istrionica, ma è soprattutto calda, ad altissima temperatura metafisica, alla quale deve mantenersi uccidendo, per non pietrificarsi.
Il video che ho girato è molto più eloquente di me.
E l’immagine che ho disegnato vale più di mille parole.
Vi benedico.
A. R. Mecfones
Comments