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LA GRANDE VESPATECA

  • Immagine del redattore: Alfredo Cremonese
    Alfredo Cremonese
  • 26 nov 2021
  • Tempo di lettura: 6 min


Ne “La Città delle Api” la Grande Vespateca è la biblioteca dell’Alveare; tanto immensa ed enigmatica, quanto sfuggente ed unica nel suo genere. Edificata in forma di vespa, in gomma caucciù, mobile all’interno dell’Alveare, protetta da uno scudo di grani di zucchero… la Grande Vespateca è il simbolo della squisita raffinatezza delle api di Galawin. Dunque prepariamoci a saperne qualcosa di più, su questa affascinante struttura, e sui suoi misteri.

A dire il vero esistono (e sono esistite) anche altre raccolte bibliotecarie, riesumate con lenti e preziosissimi scavi dai cosiddetti “apologi”, gli studiosi della antica civiltà delle api (in gran parte si tratta di fuchi), ma di queste ci occuperemo solo in parte. La struttura principale che precedette la Grande Vespateca fu la Grande Coccoteca, una grande noce di cocco forata, tagliata e metà e risigillata con cera e propoli (su modello delle noci usate come silos di stoccaggio per lo yoghurt dagli arcigni mercanti di Gobbanevosa), con all’interno una serie di “percorsi di conoscenza” che avrebbero dovuto condurre l’ape da semplice iniziato/iniziata ad esperto della Conoscenza. Dapprima il foro per l’entrata e l’uscita era unico, e le due coincidevano; poi vennero scisse in due fori, volendo sposare l’idea di un flusso che doveva entrare ed uscire da due posizioni diverse anziché da una unica, richiamando così il concetto che una volta Conosciuto qualcosa, la propria condizione non è mai più la stessa. Fu così che l’idea del flusso venne concretizzata nella realtà del vento Maestrino – uno dei sei venti che soffiano sull’ariosa piana di Galawin – il quale entra da un pertugio della noce ed esce dall’altro. Inoltre la Coccoteca era mobile, poteva essere fatta rotolare in giro per le vie dell’Alveare.

Nella successiva Grande Vespateca si farà uso degli stessi concetti, più raffinati e adattati ai progressi teologici e filosofici dell’epoca. La Grande Vespateca rappresentò per le api uno sfregio incredibile, e proprio nello spirito della loro laboriosità, venne riadattata ad una funzione esattamente opposta a quella di morte cui era stata destinata. Così da arma di guerra divenne capolavoro architettonico e di cultura. La struttura non venne costruita dalle api ma dalle vespe di Bugas, su modello dell’edilizia mitologica delle api di Galawin stesse. Le vespe, nella persona della sovrana della loro Confederazione, la donarono alla regina delle api Melissa IV, madre della attuale Crisalide III e figlia dell’imperatrice Lotide II. Gliela donarono per ucciderla. Proprio così. Nel giorno del suo compleanno. Proprio così.

E ce la fecero.

La scusa fu non solo quella del compleanno, ma anche di un trattato di pace temporanea stipulato fra le due specie di insetti proprio alcuni giorni prima, ma che venne ratificato da entrambe le parti in data del genetliaco di Melissa, una regina nota per la sua gentilezza e bellicosità al tempo medesimo.

Le vespe condussero la struttura all’interno dell’Alveare come un vero e proprio cavallo di Troia; si erano stipate all’interno in un numero imprecisato, imbottite di cerocausti – dei particolari dardi che esplodevano al contatto con la cera – una volta condotte negli appartamenti di Melissa (nel Nucleo Centrale dell’Alveare) le vespe uscirono rapidamente dalla bocca e dall’addome della Vespateca e si diedero alla pazza gioia. La regina Melissa IV morì quel giorno in quel tragico attentato, in piena Rostagione (la stagione più calda di Galawin). Le misure repressive adottate dalla madre, Lotide, II furono impressionanti. L’attuale Crisalide III venne eletta regina pochi giorni dopo, sotto la reggenza della nonna.

Ma come venne costruita questa Vespateca?

Si tratta di una struttura in forma di vespa edificata in gomma caucciù, un espediente adottato dalle vespe della Confederazione di Tribulan per riuscire a comprimersi quanto più possibile all’interno.

La stessa venne regalata come sito per la raccolta della Conoscenza, ma questa era evidentemente solo una scusa ufficiale. La tragica verità l’abbiamo appena vista. Da dove venne estratto il caucciù per edificare questa meraviglia? Da varie piante assiepate attorno al Rio degli Imenotteri, il bacino idrico ove confluiscono i corsi dei tre principali fiumi dell’Excan Pazcatlayan, il Mondo conosciuto. Questi tre fiumi sono l’Almondkar, l’Algokar e l’Alwalnutkar.

Il caucciù è la sostanza primordiale per eccellenza; esso è addirittura la sostanza che compone il Sole di Caucciù, concepito come manifestazione di Arnia – una palla di gomma luminosa. Esso compone anche la Terra e, secondo alcune fonti, anche le Tre Lune Spettrali, associate ai fiumi suddetti. Il caucciù è percepito come la “carne della dea”, e pure le sue figlie, cioè tutte le api, vedono sé stesse come caramelle di caucciù zuccherate e volanti.

La Vespateca è suddivisa in tre settori principali – essendo a forma di vespa non potevano che essere tre – testa, torace ed addome.

Esistono perfino delle uscite di emergenza nel torace, ossia i sei tubicini (sono più degli scivoli) che compongono le zampe dell’insetto.

La struttura ha le fattezze di una vespa costruttrice dell’etnia Ytu, volendo così richiamare la laboriosità delle vespe, oltreché delle api.

La Vespateca è mobile, può cioè deambulare lungo l’Arteria Regia, che va dalla Grande Fenditura sino al Nucleo Centrale.

Come fa? Con degli incantesimi gettati dalle Sacerdotesse dell’Alveare, le quali vollero che la struttura si muovesse da sola, al contrario delle vespe che, per portarla all’interno degli appartamenti di Melissa IV, l’avevano trascinata “a zampa”.

La Vespateca si muove per fuggire alle api che la leccano, o meglio le api la leccano per farla muovere e proteggerla, costringendola ad essere sempre in posizione diversa…; essendo costellata di grani di zucchero, le api, golose, cercano di scioglierli con la ligula e irritano lo scheletro della struttura (ricordo che lo scheletro delle api è esterno al corpo e non interno, come il nostro).

I grani di zucchero fungono anche da legante per le placche di caucciù che compongono la struttura, e proprio da questo deriva la grande irritazione della Vespateca quando viene leccata… rischia di cadere in pezzi!

Meglio scappare, quindi!

Così un giorno essa è vicina alla Taverna dei Ciocchi, un altro giorno si trova nei pressi degli appartamenti di Soraya o di Bua!

Dicevo che la struttura è suddivisa in tre sezioni; testa – dalla quale si entra – torace – nel quale si “conosce” e si transita – e addome, - dal quale si esce.

La struttura venne donata a Melissa IV dalla regina del Tribulan, la perfida Bugas, allo scopo di commemorare il genetliaco della sovrana, ma anche come pegno per la onerosa “Tregua degli Tzompantli”, una feroce guerra che stava mettendo Galawin contro la Confederazione delle Vespe, e che stava vedendo queste ultime soccombere sotto i colpi dell’agguerrita sovrana delle api.



Con “agguerrita sovrana delle api” intendo Lotide II; l’eterna imperatrice. In effetti lo scopo precipuo delle vespe-kamikaze uscite dalla struttura era quello di uccidere proprio la boriosa madre di Melissa, e non già quest’ultima. Tuttavia, Lotide II era molto più protetta di quanto le vespe pensassero, con una guarnigione di quasi cinquantamila soldatesse Confinanti Corteccia a farle da guardia. Melissa invece era la solita sconsiderata che si fingeva impavida. Lotide l’aveva messa in guardia su quello strano regalo, e sul lasciare che così tante vespe entrassero nell’Alveare seppure disarmate, con la loro terribile sovrana in testa.

Andò nel peggiore dei modi… come sappiamo bene.

Entriamo ora nel vivo dell’articolo; parliamo brevemente delle Aracnoteche, o meglio degli AracnoPallottolieri!

Quando si entra nella testa della Vespateca, ci si lascia alle spalle i due grandi bracieri cononbus a testa di gallo, nei quali ardono resine ed essenze che entrano nella struttura sospinte dal vento Maestrino, e che sterilizzano così l’interno della biblioteca.

La prima sala di testa è un umidificatore; le api prendono sulla propria peluria delle goccioline di umidità che consentono loro di assorbire la Conoscenza.



Ma non solo, all’interno ci sono dei cippi funebri di sacerdotesse defunte e cremate, collegati l’uno con l’altro da lunghe file di bandiere simili a bandiere tibetane, costituite da foglietti di cartavespa ricoperti di cera… i più pesanti stanno al centro della cordata, mentre i più leggeri sono ai margini. La conoscenza scritta in quelli centrali è più “pesante” ed è interna, mentre la conoscenza delle cartelle più ai margini è esterna e “leggera”. Quando il vento passa attraverso i fori che caratterizzano e costellano le cartelle, produce una vibrazione che viene convogliata nella sala successiva. La seconda sala, detta anche la Foresta degli Aracnopallottolieri,





è il luogo ove si trovano le aracnoteche; delle imponenti strutture esagonali in bambù all’interno delle quali sono intessute delle ragnatele di Foneutria o “ragno delle banane”, una creatura associata alla Conoscenza primordiale. La vibrazione prodotta nella prima sala dei cippi funebri, fa distribuire le gocce di rugiada e nebbia di cui è impregnata la stanza in forme che solo chi ha il Sesto Occhio aperto può vedere e studiare nitidamente; quindi solo le sacerdotesse dei Tre Ordini delle Lune Spettrali.

Come viene letta la documentazione impressa sui fili serici? Mediante un sistema molto, molto complesso, ma in sostanza consistente nell’inspirare la nebbia e le gocce di rugiada a seconda del colore della luna spettrale generato; l’analisi dello spettro fornisce l’informazione cercata facendo vibrare la cartella di cartavespa sullo stendino della stanza precedente.

Questi artifizi vennero ideati allo scopo di rendere la Conoscenza impenetrabile.

La terza stanza dell’addome, dalla quale si esce, è invece la stanza del Fuoco dell’Intelletto, ossia la stanza ove arde il fuoco che asciuga la peluria e le mucose più esterne dell’ape-sacerdotessa; liberata così dal peso della Conoscenza superflua la stessa può tornare nel luogo più appropriato con le informazioni che le servono.


Alcune di queste informazioni fanno parte dell’immensa quantità di materiale che ho scritto per questa serie di romanzi de LA CITTÀ DELLE API, concretizzatisi nei titoli di:

LA CITTÀ DELLE API – IL CUCURBITARIO DELL’INTIMANNO Bertoni editore 2019

LA CITTÀ DELLE API – LO STREGRILLO UTHNIANOR reperibile su Amazon





Vi prego, diffondente, leggete, fate domande. Nulla mi dà piacere quanto il vostro gradimento…


Stay tuned!


Alfredo Cremonese









 
 
 

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